giovedì 2 luglio 2009

Ketos 2.0



Musei Civici di Reggio Emilia
Whaleless
con la collaborazione di Strychnin Gallery e Whale and Dolphin Conservation Society
presentano
KETOS 2.0
Musei Civici di Reggio Emilia, Sala Vallisneri
Dal 9 Luglio al 31 Agosto
Inaugurazione: 9 Luglio ore 21:00
A seguire il “Discorso sulle Balene” di Paolo Nori e “Res Pira 25: Improvvisazioni Sottomarine 2.0” con I musicisti Daniele Carretti, Lili Refrain, Federica Fabbri e Doctor Z.

A cura di Giovanni Cervi

Artisti in mostra:
Wayne Chisnall, Arianna Carossa, Squp, Zaelia Bishop, Aurélien Police, Giuliano Sale, Kokomoo, Tamara Ferioli, Bethany Marchman, LostFish, Lisa Mei Ling Fong, Ansgar Noeth, Karin Andersen, Mimi S, Fernanda Veron, Elena Rapa, Madeline von Foerster, Leonardo Betti.

Inquinamento, pratiche di pesca insostenibili e sonar di ultima generazione sono le cause principali della lenta scomparsa dei grandi mammiferi marini.
Giappone, Norvegia e Islanda si ostinano a cacciare le balene nonostante una moratoria del 1986; molte piccole balene muoiono annegate perché si incastrano nelle reti dei pescatori e i sonar di ultima generazione danneggiano la capacità di ecolocazione e l’udito dei mammiferi marini (da qui i numerosi spiaggiamenti), fino ad arrivare a causare mortali embolie gassose.
Ketos 2.0 è una mostra collettiva che raggruppa giovani artisti di livello internazionale, ognuno con il proprio segno e attraverso il proprio immaginario artistico ha interpretato il rischio di estinzione dei Cetacei.
Le opere selezionate sono eterogenee per medium e per provenienza geografica: dalla Cina arriva Kokomoo con il suo tratto surreale, dall’Argentina Fernanda Veron, fotografa digitale dall’immaginario potente e onirico, così come Squp e Ansgar Noeth (Germania) si occupano di fotografia, la prima ispirandosi allo studio delle posture delle balene fatto dal coreografo Merce Cunningham, il secondo al mito biblico di Giona e la Balena; la giovane Tamara Ferioli (protagonista del prossimo premio Cairo) reinterpreta il mondo cetaceo con una installazione, così come Arianna Carossa, crescita sul Mar Ligure, rappresenta un mondo marino spezzato in modo tridimensionale; Leonardo Betti (videoartista) ha curato la proiezione video mentre Wayne Chisnall (Inghilterra) e Lisa Mei Ling Fong (Usa) hanno rappresentato il loro mondo cetaceo attraverso piccoli assemblaggi.
Gli artisti rimanenti hanno rappresentato ognuno con il loro stile un frammento di fantasia con i grandi cetacei protagonisti; Zaelia Bishop e Aurélien Police (Francia) attraverso un immaginario alchemico; Karin Andersen (Germania), Mimi S (Germania), Elena Rapa e Lostfish (Francia) attraverso la simbiosi inscindibile uomo_natura; Giuliano Sale e Madeline Von Foerster (Usa) hanno sintetizzato il bisogno di protezione delle balene e Bethany Marchman (Usa) ha realizzato un ricordo per Gaspar, beluga morto di recente in un acquario americano.
Da “ketos” deriva cetaceo, in greco antico era riferito ai grandi mammiferi e ai mostri marini, 2.0 è la numerazione progressiva classica dei software; l’unione di questi due mondi, classico e moderno vuole essere una spinta alla “convivenza” di mondi apparentemente lontani, come lo sono natura e tecnologia.

Ketos 2.0 è promosso da:
Musei Civici
Whaleless
ideato e curato da:
Giovanni Cervi
sostenuto da:
Strychnin Gallery
Whale and Dolphin Conservation Society
Res Pira

La storia di Whaleless

La prima volta che ho visto una balena ero su un traghetto, ai confini dell’oceano Atlantico. Stavo andando dalla Francia in Irlanda, ero sul ponte e non si vedeva terra intorno, forse una vaga ombra in lontananza. Urla di meraviglia e dita puntate distolsero il mio sguardo da alcuni giocolieri che si stavano allenando a qualche metro da me. Non ricordo esattamente se anch’io puntai l’indice o se esclamai il mio stupore, ma ho ben impressa nella memoria l’energia che mi trasmise quel grande corpo che nuotava a poche decine di metri dalla nave.
Un’energia vitale, pulsante, antica come il mondo. Mi investiva con la sua Vita mentre io mi sentivo un piccolo essere, cellula di questo mondo. Chiunque abbia mai incontrato una balena può capire.
Questo è quello che è impresso nella mia memoria.
Penso che il mio percorso nel mondo della comunicazione e dell’arte sia andato parallelamente a quello del rispetto per ciò che era qui prima di noi “uomini sapienti”. Quello che c’era, che c’è e che dovrebbe esserci.
Così è nato nel 2005 Whaleless, un’idea, quella di immaginare un mondo senza balene, buttata in rete che ben presto è diventato un vero e proprio network di artisti, creativi e addetti ai lavori attraverso il passaparola e i vari nuovi sistemi di socializzazione web.
Whaleless vive dell’energia di chi vi partecipa e ne condivide il percorso umano, artistico ed ecologico; aziende, gallerie d’arte, associazioni, riviste, artisti, amici hanno fatto crescere il network fino ad arrivare alle centinaia di migliaia di accessi unici al sito (e ai social network collegati) e al tour di mostre che ha toccato nell’ultimo anno Londra, Firenze, La Rochelle, Roma e Reggio Emilia.
Whaleless è un network, la mostra Ketos 2.0 ne è l’espressione artistica più alta, l’unione di antico (da ketos deriva cetaceo, in greco antico era riferito ai grandi mammiferi e ai mostri marini) e moderno (la numerazione progressiva classica dei software) attraverso percorsi artistici site specific che uniscono tecnologia e ultime tendenze della creatività e dell’arte contemporanea.
Mentre scrivo queste parole leggo che Heike Vester, biologa tedesca che da anni vive a Henningsvaer, porto sulle isole Lofoten, nell'estremo Nord della Norvegia, afferma di aver scoperto che le balene hanno un sistema di comunicazione molto sofisticato, che sfrutta toni diversi per creare una sorta di linguaggio da loro utilizzato quando pianificano la caccia e per riconoscersi all’interno del gruppo.
La balena è un simbolo potente, il rispetto per loro, e per la natura in generale, dovrebbe essere un valore fondamentale Il suo destino è strettamente legato al nostro.

Giovanni Cervi
Ps: Whaleless è dedicato a Enzo Baldoni.